Il luogo può essere considerato quale punto di arrivo e di partenza per l'osservazione e la contemplazione di una natura incontaminata, per la vivibilità in percorsi più impegnativi verso Vicaretto-Canne-Portella Mandarini oltre che come oasi di bivacco.

Data la sua ubicazione lungo la direttrice Castelbuono-Petralie, secondo la ricostruzione storica, intorno all'anno 1100 nella zona si fermarono i monaci Basiliani. Ordine religioso di rito bizantino seguaci di S. Basilio il Grande i quali fondarono un convento. Essi si dedicarono alla coltivazione degli ortaggi previa bonifica della area boscata interessata e crearono una fonderia di rame e bronzo proveniente da una zona poco distante "Cuprania". Una prima testimonianza storica ci perviene dalla vita di S. Antonino da Padova che nel 1222 venne in Sicilia per la seconda volta. Egli partendo da Patti giunse a S. Mauro, e da questo paese avrebbe dovuto toccare Cefalù per fondarvi un convento. Per giungervi scelse un itinerario montano che lo portò a raggiungere Gonato, feudo delle madonie nel territorio della Contea di Geraci. A Gonato fece sosta nel monastero denominato dei SS. Cosma e Damiano nelle cui vicinanze si trovava "Il martinetto" cioè la fonderia di oggetti di bronzo e di rame. Sempre dalla vita di S. Antonio si tramanda che il frate portandosi nella fabbrica Martinetto, chiese ed ottenne una campana per il convento di Cefalù. Avuta la campana in dono, di notevole peso, il Santo, fra lo stupore di tutti infilò il bastone nel gancio, si caricò la campana e riprese il cammino seguendo la trazzera che scendeva verso Ypsigro (antico nome di Castelbuono) diretto verso la città marinara.

Ancora oggi a Cefalù si conserva la campana quale ricordo del passaggio del santo. Oggi non rimangono particolari testimonianze del trascorso storico del feudo Gonato oltre quelle fin qui cennate. Le case un tempo dimore dei contadini e dei pastori, adibite a depositi di cereali e formaggi, prima dell’intervento di ristrutturazione si presentavano parzialmente distrutte.


Da informazioni assunte, presso i vecchi pastori ed ortolani (famosi ancora oggi gli ortaggi di Gonato nella tradizione popolare) che hanno lavorato a Gonato, nonché dalle memorie degli anziani, si è avuto modo di ricostruire e quindi individuare la vecchia consistenza delle case Gonato, che per ben due volte nel 1935 e nel 1959 sono state interessate da alluvioni che hanno distrutto investendoli con detriti provenienti da monti buona parte dei manufatti retrostanti le attuali case, nonché hanno riempito il piano terra ove un tempo esistevano le stalle. Non è da sottovalutare il ricordo degli anziani sui soggiorni di lunga durata ed il numero sostenuto in occasione delle campagne agrarie.

La particolare collocazione orografica mediana rispetto alle Petralie ed a Castelbuono, ma pur sempre distante dagli stessi comportava l'obbligo del soggiorno e quindi il conseguente riscontro del ricovero. Non va trascurato l'altitudine che a sua volta imponeva altrettanti idonei ricoveri per gli animali da stalla.

Ciò ha comportato, nel tempo, come si evince dalla documentazione fotografica interventi edificatori di diversa natura e casuali che si sono succeduti e che evidenziano l'adattabilità operativa dell'uomo rispetto alle esigenze mutevoli. La presenza del balcone, nell'ambito della dimora padronale del primo piano, testimonia la opulenza della masseria con la presistenza certa ed indiscussa dei domestici.

L'antico forno semi-distrutto, di notevole dimensione, denota l'enorme quantitativo di pane prodotto sicuramente per il fabbisogno dei lavoranti. La morfologia dei terreni limitrofi alle case sistemati con ampi pianori gradonati, attivati ad orti grazie alla presenza naturale di acqua corrente, presupponeva enormi superfici destinate ai semenzai nonché ai depositi derivanti dalla coltivazione e quindi sempre a spazi di cui oggi non si ha completa lettura.

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